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Le tonnare

La pratica della pesca del tonno, ovvero la mattanza, a Milazzo si celebrava sin dai tempi della dominazione araba. La parola mattanza ha origini spagnole (matar -> uccidere) ed indica, appunto, il momento cruciale della pesca del tonno. Lungo i litorali milazzesi si arrivò a contare fino a sei tonnara. Partendo dal Tono di Milazzo, sulla riviera di ponente, si incontrava, appunto, la tonnara del Tono. Questa era di proprietà delle famiglie D’Amico e Calapaj. Continuando a costeggiare il promontorio, si giungeva alla tonnara di S. Antonio e a levante in quella del Pepe. Costeggiando la riviera di levante si giungeva alle tonnare di Vaccarella, del Porto ( o detta anche di Milazzo) ed infine quella di S. Lucia di Stefano del Bono calata effettuata nello specchio d’acqua antistante a contrada Mangiavacca.

Le sei tonnare di Milazzo, c’è chi dice che erano addirittura dieci, garantivano occupazione, sia pure stagionale, ed alimentavano un indotto di grandi proporzioni. Infatti si richiedeva fornitura delle corde e quindi abili cordari e manodopera femminile per manutenzionare delle varie reti. Ma includeva anche l’opera dei fabbri, fornitori di sugheri, galleggianti, ancore, catene e mastri d’ascia addetti alla manutenzione dei natanti delle tonnare. In particolare la presenza in città di maestri cordari milazzesi, addetti alla fabbricazione di gomene, midollari totale ed altre tipologie di cordami, ne rimane traccia nel toponimo di una stretta arteria del centro cittadino detto il vicolo del cordaro.
Di Milazzo erano anche i mastri d’ascia ai quali era affidata, come detto prima, la manutenzione dei natanti delle varie tonnare cittadine e non solo. All’attività delle tonnare si affiancava quella conserviera, che era affidata a ditte esterne alla tonnara.


La tonnara del Tono


“La tonnara del Tono fu concessa per la prima volta ad un certo Federico Giordano in epoca imprecisata. Filippo D’Amico afferma che, regnando il re Martino d’Aragone e la Regina Maria, a Nicolò D’Amico gli fu concesso tanto spazio di mare in modo da potersi armare due tonnare una sotto la chiesa di S. Antonio l’altra sotto il castello con tutta la pianura che la gente del luogo chiama N’gonia (insenatura). Dal 1418 al 1756 fu posseduta da varie famiglie tra le quali Marullo e poi da don Girolamo Bonaccorsi. Nel 1790 questo vendette la sua parte a don Girolamo Calapaj che insieme alla famiglia D’Amico la gestirono fino al 1966 anno in cui la tonnara cessò l’attività.” 

Nel 1890 i propretari della tonnara del Tono decisero di avviare una propria attività conserviera sull’esperienza acquisita osservando gli  imprenditori liguri operanti sul territorio milazzese. Nacque così l’opificio Calapaj & D’Amico, che dava lavoro a quaranta unità metà delle quali donne. L’attività dello stabilimento cesso presumibilmente intorno al 1898.

Dopo un’accordo non andato a buon fine tra i proprietari delle tonnare di Olivieri e del Tono che si impegnavano a dare tutto il loro pescato ad una cordata di imprenditori liguri che miravano, a loro volta, di creare un moderno opificio nel golfo di Patti, il 5 marzo 1907 iniziavano i lavori del nuovo stabilimento (l’odierno residence La Tonnara) la gestione del quale venne affidata ad una società, la Tonnare Riunite.

Tutto questo era stato possibile grazie alla concessione, data dal comune, di una vasta area di arenile dove, appunto, doveva sorgere questa industria del tonno all’olio ed altre conserve alimentari. Questa domanda di concessione era stata presentata da Giovan Battista Roccatagliata che rappresentava il banchiere genovese Giuseppe Massiìone e il commerciante Pietro Logomaggiore. Questi gestirono La Tonnara fino al 1919 poi, come da contratto, subentrarono i D’Amico Calapaj. Per quattro anni lo cedettero in locazione a Stefano Del Bono ma dal 1924 si occuparono direttamente.

Questo il processo della lavorazione:

Inizialmente il tonno veniva cotto in ampie caldaie. Successivamente sminuzzato su appositi cannizzati e inserito nelle scatole di latta di varie dimensioni. Al termine del riempimento delle scatole queste venivano riempite di olio d’oliva sigillate pastorizzate ed infine imballate in casse di legno.
Nel corso degli anni trenta alla produzione del pesce fu affiancata quella delle conserve di pomodoro.

Alcune fasi della lavorazione

Alcune foto scattate durante la messa in acqua delle reti e la mattanza

La tonnara Santa Lucia

Questa venne fondata dal milazzese Stefano Del Bono (1869-1940). La sua storia ha inizio nel 1926 quando venne calata per la prima volta nello specchio antistante l’odierna Silvanetta. Sorta in contrada Palazzo, ancora oggi è visibile, questo complesso comprendeva una piccola chiesetta intitolata a S. Lucia e veniva usato anche per il ricovero dei natanti e l’occorrente per la pesca del tonno. Tra i reperti rimasti di questa tonnara c’è la mannaia custodita dai discendenti di Stefano Del Bono. Questa serviva per staccare le teste ai tonni arrivati in stabilimento dalle quali si ricavava un olio usato nelle macchine da cucire. L’ultimo anno in cui fu calata la tonnara fu il 1940.


Testo tratto dal libro: Storia dell’industria a Milazzo di Massimo Tricamo